Bardet, Alaphilippe, l'incubo
«Faccio ancora fatica a esprimere a parole gli eventi di ieri, l’angoscia di quei volti e di quei corpi feriti in seguito alla caduta. Penso a Julian, ma anche a tutti gli altri ragazzi coinvolti, che avranno forse visto le loro vite scivolare via, quando, a più di 70 all’ora, il fruscìo del gruppo ha lasciato il posto al caos, al suono di componenti che si rompono e grida umane che emergono. Sono commosso da tutti i vostri messaggi, ma penso onestamente che chiunque in quella situazione si sarebbe comportato allo stesso modo.»
Stamattina Romain Bardet è tornato sulla Liegi-Bastogne-Liegi di ieri, di cui è stato protagonista in un modo che non avrebbe desiderato.
Tra i favoriti della vigilia, in un ottimo stato di forma dopo il recente successo al Tour of the Alps, la Liegi di Bardet è drasticamente cambiata a poco più di sessanta chilometri dal traguardo, quando l’inquadratura si è allargata e lui è apparso in piedi, la bici adagiata a bordo strada, mentre sbracciandosi scendeva nella boscaglia.
Il capitano della DSM era appena scivolato, non si era fatto nulla, ma rialzandosi aveva scorto Julian Alaphilippe cinque o sei metri più in basso, immobile contro un albero: ritenuta del tutto secondaria le sue ambizioni di giornata, aveva scelto di precipitarsi nel fosso, primo arrivato su una scena che in serata avrebbe definito “un incubo”.
Bardet ha atteso l’arrivo dei soccorsi dopodiché, sotto shock, si è ritirato dalla gara. Alaphilippe (una scapola e due costole fratturate, più un collasso polmonare) è stato trasportato in ospedale, corridore con le peggiori conseguenze tra tutti i coinvolti nella maxi-caduta.
«Non esiste competizione di fronte all’integrità fisica in pericolo», ha proseguito Bardet nel messaggio condiviso oggi sui suoi social. «Tutto questo mi porta a riflettere sulle nostre responsabilità per evitare questo tipo di incidenti, sul rispetto che tra corridori ci dobbiamo accordare l’un l’altro, noi che diamo anima e corpo per le corse, per una passione che in un lampo può virare al tragico e compromettere la bellezza dello sport.»