Classifica appunti del 30 maggio 2021

 

Una serie di appunti presi durante il Giro d'Italia 2021 da Leonardo Piccione e riproposti senza particolare ordine. Elenchi, pensieri, foto e stralci da un viaggio al seguito dell'edizione 104 della Corsa Rosa.

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Stiamo scendendo dallo Spluga - dal maestosamente tortuoso, sapientemente innevato, rumoroso e colorato Spluga - quando alla radio dicono che qualche chilometro dietro di noi, in discesa, hanno attaccato Bardet e Caruso.

Nel giorno più importante del Giro che aspettavamo per conoscere un po' meglio un ventunenne belga, in cui ci ha intrattenuti un ventiduenne portoghese e che sta per vincere un ventiquattrenne colombiano, l'azione più eccitante se la sono inventata un quasi trentunenne francese e un quasi trentaquattrenne italiano, a riprova che l'età avanza, tutto si trasforma, ma è sempre un tempo buono per il coraggio.

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Una cosa che ha detto Caruso dopo la vittoria sull'Alpe Motta:

«Era arrivato il mio momento.»

(Perché poi arriva, il momento. Non se ne conosce il luogo né l'ora, la cornice che lo immortalerà, le facce che faranno capolino sullo sfondo, ma arriva. I fili inconclusi del passato si annodano allora in una trama omogenea, lineare, ineluttabile, che chiede solo di essere seguita. Il momento di Caruso arriva a trentatré anni e mezzo, su un rettilineo in salita piuttosto anonimo, alla sua destra un muretto di pietre interrotte qua e là da ciuffi verdissimi d'erba, un torrente di tifosi assiepati poco oltre. Il momento arriva e Caruso lo riconosce, gli si para luminoso davanti, non può più aspettare.

È sempre lui ma d'un tratto è già un altro, ha una missione più grande di sé da portare a termine. La doppia pacca sulla spalla di Bilbao contiene la certezza che questa volta gli sforzi silenziosi del compagno - di quel compagno, l'encomiabile Pello, e a un tempo di tutti i compagni che è stato lui, per tanti, in dieci anni di carriera - non andranno persi. La vittoria di Caruso, questo suo indimenticabile Giro d'Italia, è una folgorazione, una festa, un balsamo per chi attende il suo momento nella speranza di avere la forza di riconoscerlo, quando arriverà.)

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Un'altra foto di ciclismo di inaudita intensità che ho visto in questi giorni (nemmeno questa l'ho scattata io, è dei Tornanti.cc):

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Una sensazione che mi piacerebbe provare: il misto di scariche elettriche che deve aver invaso Pello Bilbao negli ultimi chilometri della tappa. La pienezza della missione compiuta, l'appagamento per la gratitudine del compagno, l'attesa della buona notizia, la totalità della stanchezza che brucia e che si scioglie infine nel pugno discretamente sollevato sulla linea d'arrivo con le ultime energie rimaste.

Una sensazione che ho provato: il misto di scariche elettriche che mi ha invaso mentre, in coda da un'ora lungo un tornante in discesa da Campodolcino, sono sceso stremato dall'automobile e ho scavalcato il guard-rail per far pipì nel prato, sotto le stelle, il buio della Valchiavenna rischiarato dalla luna e dai fari delle auto che seguivano la nostra e che spero non mi abbiano notato.

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La quindicesima foto che ho scattato durante questo Giro: per la serie "Scorci di Islanda che non erano Islanda", Splügenfjörður, provincia di Sondrio.

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Una lista parziale di felicitazioni rivolte a Caruso da corridori di altre squadre:

- «Sei grande campione!» (Stefan Küng, Trek-Segafredo)
- «Grandeeeeee so much deserved my friend!» (Marcus Burghardt, Bora-Hansgrohe)
- «What a ride! So happy for you!!» (Silvan Dillier, Alpecin-Fenix)
- «CHAMPIONE CHAMPAGNE!» (Michael Schär, AG2R-Citröen)
- «Such a joy to see you! Well deserved. I absolute love this sport!» (Michael Mørkøv, Deceuninck-Quick Step)

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Una lista parziale di cose che mi piacerebbe imparare dal Giro 2021 di Caruso:

- prendere sul serio il proprio lavoro, ma mai troppo se stessi
- affrontare certi passaggi importanti della vita con intima serenità
- adattarsi alle situazioni che cambiano, senza cambiare la propria natura
- non dimenticarsi della riconoscenza
 

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Una citazione con cui chiudere:

«Mi ricordo una Vuelta insieme nel 2014. Era il primo grande giro in cui lui si piazzava, io vinsi una tappa. Ogni sera stappavamo una Cruzcampo, ci sedevamo in balcone e parlavamo della corsa, di quello che avremmo fatto dopo, di tutto. È sempre stato così con Damiano: grande serietà, ma anche grande tranquillità.» (Alessandro De Marchi, dal ventesimo episodio di #GIROglifici2021)

 

 

 

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A cura di Leonardo Piccione. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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