[Kings of Bidons] Grega Bole

C'è un corridore sloveno che è arrivato al ciclismo quasi per caso, dopo un infortunio in uno sport invernale. Primož Roglič? Sì, certo. Ma prima di lui, Grega Bole. A Jesenice, città della più titolata squadra di hockey del Paese, disco e mazza sono un richiamo inevitabile, e così è stato anche per Grega, che sul ghiaccio se la cavava niente male: giocava nelle giovanili quando attirò l'interesse persino dei Chicago Blackhawks. «È stato il mio primo sport, e resta sempre nel mio cuore». Oggi ad hockey Bole gioca soltanto con gli amici («Niente di rischioso»), ma qualche volta va ancora alla Podmežakla Arena a vedere le partite: «Dopo la crisi economica l'hockey sloveno è andato un po' giù, però abbiamo ancora giocatori fortissimi».

Negli ultimi anni la sua seconda passione però è diventata un'altra, la fotografia: «Samo Vidic, uno dei migliori fotografi sportivi al mondo, è un mio grande amico. Quando ho un po' di tempo libero vado a fare foto con lui». Seconda perché la prima, almeno per ora, è ancora pedalare. Bole nell'hockey giocava in attacco, e attaccante era stato anche al suo esordio nel ciclismo. Corridore resistente e veloce, negli anni ha da dilettante ha vinto spesso e volentieri. Poi però è arrivato il momento della scelta: «La carriera è così, cambia sempre». E Grega il proprio destino l’aveva scritto nel nome: gregario.

In altre occasioni è libero di colpire, ma al Giro il suo ruolo è soltanto quello di scortare Nibali in gruppo. Ogni volta che occorre, di rifornirlo di borracce: «Un lavoro importante. Ora con i gilet da trasporto è anche più facile, tanto che non so nemmeno quante borracce porto in realtà». Bole si è specializzato in questo ruolo, lo ha fatto al Giro («Più bello, perché ho più tifosi»), al Tour («Più grande, nervoso, stressante») e alla Vuelta («Più facile»). Questa volta però la Corsa Rosa per lui è un derby: «Non sono qui per far perdere Roglič, ma per far vincere Nibali», sottolinea con un sorriso beffardo, consapevole che le due cose non si possono slegare. «E poi in realtà non conosco molti segreti di Primož, viviamo lontani e non ci capita mai di pedalare assieme».

Quando parla dell'abitare lontani, Bole intende davvero lontani. La sua vita si divide infatti tra la Slovenia («Il luogo che amo di più») e Dubai, dove ha la sua residenza: «Forse il luogo più diverso possibile da casa, ma almeno c'è sempre bel tempo». Un particolare non indifferente per chi oltre che allenarsi in bicicletta deve portare a svagarsi quattro bambini, protagonisti delle sue giornate libere e anche della sua pelle: la vita di Bole è scritta nei suoi tatuaggi. L'ultimo è il viso del figlio Svit; il primo è del 2010, ma risale a Cicerone: “Dum spiro, spera”. Finchè c'è vita c'è speranza. La speranza di Grega Bole in questo maggio italiano è di accompagnare Nibali fino alla maglia rosa. (FC)

 

 

 

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