[Kings of Bidons] Sho Hatsuyama
Il suo nome vuol dire “volare”, ma Sho Hatsuyama non ha mai cantato la più celebre canzone italiana. «In realtà non la conosco, ma anche se la conoscessi non la canterei. Per il bene dei miei compagni di squadra». In più, la traduzione esatta di Sho è un po’ più complessa di così: «Il ‘volare’ del mio nome non è un ‘volare in bicicletta’. È riferito più all’ambito familiare, come un auspicio per le generazioni future. È un elevarsi».
Hatsuyama, trent’anni, viene da Nagasawa ed è molto sorridente – e molto emozionato. Dopo otto stagioni di professionismo, questo è il primo Grande Giro in assoluto a cui prende parte. Da ieri inoltre, dopo che il suo compagno di squadra Hiroki Nishimura è arrivato a San Luca 44 secondi oltre il tempo massimo, è rimasto l’unico giapponese in gara. Quello di ieri è stato un esordio sofferto anche per Sho (è arrivato 170°, a 2 minuti e 47 da Roglič), ma oggi è pronto per cominciare la sua missione principale qui in Italia. «Porterò borracce ai miei compagni. Nella nostra squadra ci alterniamo un po’ tutti, ma quando la corsa entra nel vivo tocca più spesso a me».
In Giappone si corre molto spesso su circuiti, dunque le borracce lanciate dai corridori vengono quasi tutte raccolte dai massaggiatori a bordo strada. Nonostante tutto, Sho da ragazzino qualcuna l’ha raccolta: «Ma non ne ho mai conservata una». Ha iniziato con la mountain bike, a dieci anni, poi la strada. In Italia è arrivato la prima volta nel 2007, nelle giovanili della Cannondale. I due anni sulla penisola gli hanno lasciato in eredità un buon italiano, non una visita sulle Alpi: «Non sono ancora mai stato lassù. In compenso sono salito molte volte sul Fuji». È un altro vulcano, però, il luogo più bello dove Sho è stato ultimamente: «L’Etna, un posto incredibile. Di notte si vedevano benissimo le stelle». Grande appassionato di viaggi, Sho gestisce un blog personale (in giapponese) e sul suo profilo Instagram si definisce “travel reporter”: «Sono stato in Africa, in America, in Europa. Ho visitato mezzo mondo, e tutto per merito della bicicletta».
Nel 2016 Sho è stato campione nazionale giapponese, e ha più di una possibilità di rappresentare la sua nazione alle Olimpiadi di casa dell’anno prossimo («Speriamo!»). Tuttavia non ha ancora le idee molto chiare su che tipo di corridore sia: «Se sono più uno scalatore o un passista? In realtà non l’ho ancora capito bene nemmeno io». Dovesse scegliere, sceglierebbe comunque la salita: «Anche se mi fa fare tanta fatica». Sa bene invece, Sho, a cosa lo facciano pensare l’acqua («All’acqua») e la bicicletta («Alla bicicletta»). Semplice. Come semplici sono la traduzione giapponese di borraccia, botaru, e il contenuto dei messaggi che sta ricevendo in questi giorni: «Di auguri, soprattutto: omedetō. Mi serviranno». (LP)