Pedalare per me stesso: Pinot, il ciclismo, il futuro

 

Quello del ciclista non è un lavoro che fai dalle 8 alle 12 e dalle 14 alle 18. Ti alzi la mattina e sei già “sulla bicicletta”, vai a letto e sei ancora “sulla bicicletta”. Vai a bere una birra e sai che forse il giorno dopo ti farà più male che bene. E così con il cibo, il riposo, il recupero, il sonno. Apri Twitter, accendi la tv, qualunque cosa, sei sempre alle prese con una notizia di ciclismo.

Nel mio piccolo villaggio non c'è giorno in cui non ti parlino di ciclismo. Prima della scorsa Vuelta mi chiedevano: “Speriamo di vederti lì.” E io rispondevo “sì”, anche se sapevo non sarebbe stato possibile. Non potevo deluderli. Mi è sempre stato a cuore non deludere gli altri, soprattutto la mia squadra. Ho persino perso il desiderio di andare in bici per me stesso, per questa ragione. Questo è quello che vorrei fare negli anni che mi restano: pedalare un po' di più per me stesso. E ritrovare chi sono, il ciclista che sono.

Quest’anno compirò 32 anni. Il tempo scorre troppo in fretta… Più invecchi, più va veloce. In carriera ho ottenuto quasi tutti gli obiettivi che mi ero prefissato quando sono passato professionista. Manca solo indossare la maglia rosa. La maglia gialla è sempre stata qualcosa di troppo grande per me, anche da bambino, dunque ho sempre sognato di indossare la maglia rosa del Giro.

Per il resto, mi sento ai margini di questo ambiente. E anche dalla società, credo. Il giorno in cui mi ritirerò, lancerò il telefono contro un muro. Chiamare qualcuno, scrivere un messaggio, l'ho sempre odiato. Avrò cinquanta messaggi in sospeso dopo capodanno, ma ho paura del telefono e non lo tocco. Poi una bella mattina risponderò a tutti, ma è una faticaccia.

Nel futuro mi piacerebbe realizzare una fattoria didattica con un piccolo bed and breakfast, lontano dal mondo. Produrre miele e marmellate, costruire cose. Andare più spesso al Parco dei Principi a cantare insieme ai tifosi in curva. E poi viaggiare: il Vietnam, la Cambogia, la Tailandia, il Laos. La loro gastronomia, il loro patrimonio. E la loro gente, molto accogliente penso.

 

Breve estratto dalla densa intervista concessa oggi da Thibaut Pinot a Ouest France (in francese, qui).)

 

 

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