Classifica appunti del 27 maggio 2021

 

Una serie di appunti presi durante il Giro d'Italia 2021 da Leonardo Piccione e riproposti senza particolare ordine. Elenchi, pensieri, foto e stralci da un viaggio al seguito dell'edizione 104 della Corsa Rosa.

*

La prima incertezza della maglia rosa giunge come un fulmine a ciel sereno - ed era sereno per davvero. Le certezze s’incrinano in un secondo, il sigillo del dominio pare scollarsi in un angolo. Dal recinto allarmato della Ineos tentano di liberarsi buoi voraci (sono questi gli avversari di Bernal ma soprattutto le sue paure, i suoi acciacchi, i suoi fantasmi) che Dani Martinez, mandriano di rango, s'adopera prontamente a radunare. 

Si gira, rallenta. Affianca il compagno e gli urla di tener duro, scandendo il passo coi pedali e l'incitamento con la mano destra. Non è una pacca sulla spalla, la sua: è una catechesi ferma, un indirizzo spiritual-muscolare che risolleva Bernal e fa concludere che tutti avremmo bisogno di un Martinez accanto quando le cose si mettono male.

*

Una delle foto di ciclismo più intense che abbia visto negli ultimi tempi (non l'ho scattata io, è di Getty Images), con dentro una quantità di dettagli che paiono studiati: la mano di Martinez, la goccia di sudore sulla punta del suo naso, i denti di Bernal, gli occhi di Caruso - soprattutto gli occhi di Caruso.

*

L'undicesima foto che ho scattato durante questo Giro: Stefano Oldani e Harm Vanhoucke, i soli superstiti della Lotto Soudal, una squadra ridotta a coppia, una coppia che è diventata squadra: «Siamo sempre io e lui, lui e io, ma va bene così.»

*

Un'autodescrizione di un certo livello venuta da Oldani:

«Sono un corridore nevrile.» (il ragazzo possiede una notevole proprietà di linguaggio, oltre che un ottimo spunto veloce. Dal diciassettesimo episodio di #GIROglifici2021)

*

Un bilancio consuntivo di Dan Martin, vincitore di tappa a Sega di Ala:

«Della mia carriera mi sono goduto tutti i singoli momenti, e me li godo tutt'ora.»

*

Seduto nel camioncino delle videoconferenze, a una manciata di metri dal traguardo dov’è giunto con ritardo, Egan Bernal sembra d'un tratto più bambino di quanto non sia. Le prime ansie di questo suo Giro l’hanno come rimpicciolito, facendone emergere più marcati i tratti fanciulleschi. Non ha più di dodici anni quando si stringe nelle esili spalle e dice di non essere imbattibile, pochi di più quando s'indica la testa per parlare del suo unico progetto tattico (difendersi), quando muove una mano su e una giù - poi viceversa - per significare l'imprescindibile ricerca dell’equilibrio.

Mentre risponde, fermandosi di tanto in tanto per recuperare la parola italiana più adeguata al concetto che vorrebbe esprimere o per ricordarsi la seconda parte del quesito che gli è stato posto, ho la netta impressione che guardi me, anche se non ci conosciamo, anche se la domanda non l’ho fatta io, chissà se intuisce che in fondo faccio il tifo per lui.

*

Una sintesi della tappa di Bernal imperfetta ma efficace, fatta dallo stesso Bernal:

«In una giornata non tanto bene, è andata bene.»

*

Due cose che ha detto dopo l'arrivo Damiano Caruso, che è nato il mio stesso anno e che per la prima volta in carriera, contro tutti i pronostici, si sta giocando un posto sul podio del Giro d'Italia:

- «A un certo punto della salita non sentivo più il mio respiro, solo il boato dei tifosi.»
- «Non mi interessa quello che succederà domani, mi basta questo momento.»

*

Gli occhi dei corridori sono quanto di meglio riusciamo a osservare, al mattino. Noi gli facciamo delle domande, essi rispondono, ma le loro voci sono filtrate, provengono dalle aperture laterali delle mascherine (quelle in tessuto della squadre o quelle chirurgiche azzurre uguali alle nostre, dipende dai casi), così che il solo modo per cogliere nelle loro parole un certo stato d'animo, una precisa inarcatura delle labbra che le emettono e che non vediamo, è puntare più in alto, al battito più o meno insistente delle palpebre o all'inarcarsi delle sopracciglia. 

Ci accorgiamo così dei riflessi vispi degli occhi di Fortunato, della lucentezza del grigio-verde di Aleotti, del rapido movimento delle pupille di Almeida, del luccichio giocoso di Pellaud, delle piccole rughe di Roche, del velo di malinconia di Sánchez, e sappiamo di tutti loro molto più di quanto ci dicano a parole.

*

Due cose che mi ricorderò dell'attraversamento dolomitico:

- le marmotte sulla neve di Passo Pordoi
- il profumo di mele dentro un bar di Fontanefredde

*

Quel che ha detto una bambina alla sua mamma guardando passare i bus delle squadre, nei pressi di Mori:

«Come sono lunghe queste corriere!»

*

Quel che è scritto sul muro di fronte alla nostra camera nell'ostello di Rovereto:

«Di una città non apprezzi le sette o settantasette meraviglie, ma la risposta che dà ad una tua domanda». (Citazione di Italo Calvino. Francamente non ho idea di quale domanda possa porre alla città di Rovereto, per stavolta mi accontenterei di fare un paio di domande sensate ai corridori che incontreremo al foglio firme.)

 

 

***

Puntate precedenti:
15 - 26 maggio
14 - 24 maggio
13 - 23 maggio
12 - 22 maggio
11 - 21 maggio
10 - 19 maggio
09 - 17 maggio
08 - 16 maggio
07 - 15 maggio
06 - 14 maggio
05 - 13 maggio
04 - 12 maggio
03 - 11 maggio
02 - 10 maggio
01 - 09 maggio

 

 

 

 

A cura di Leonardo Piccione. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Categoria: