[Dübendorf 2020] C'è fango e fango

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    Scalatore da bancone, pistard da divano. Ama il rumore, i bratwurst, dormire e leggere seduto sul water. Ha visto il volto di Dio in tre occasioni: una volta era Joey Baron, le altre due Laurent Jalabert.

C'È FANGO E FANGO - Mathieu van der Poel ama il fango. È proprio un elemento che lo rende felice. Lo frequenta dalla più tenera infanzia, quando seguiva papà Adrie sui campi del ciclocross - dedicandosi più a inzaccherarsi viso, mani e indumenti che ad applaudire successi e medaglie del titolato genitore. Giocare col fango, e nel fango, è qualcosa che ha definito la sua traiettoria di vita. Non ha mai smesso: dal rotolarcisi è passato al pedalarvi, ma ha mantenuto lo stesso approccio ludico. Mathieu ama così tanto il fango da aver imparato a conoscerlo, a dargli del tu. In una recente intervista a L'Équipe, ha ammesso di riuscire a riconoscerne quattro o cinque tipi diversi: quelli più scivolosi, quelli più collosi, i terreni in cui si affonda e quelli che restano compatti. Per ogni tipo di fango, Van der Poel ha imparato come muoversi, prendere lo slancio e decollare.

L'ex-aeroporto di Dübendorf è una vasta distesa pianeggiante a nord-est della città di Zurigo. Sorge in un'area che fino a un paio di secoli fa era paludosa, stretta tra le morene glaciali e inzuppata delle acque dei laghi e dei fiumi: da queste parti è stato rinvenuto un decimo di tutti i villaggi preistorici di palafitte dell'arco alpino. Dübendorf nasce dal fango e sul fango, e quando può è al fango che ritorna. Pedalando nel fango di Dübendorf, Mathieu Van der Poel si è laureato oggi campione del mondo di ciclocross, al termine di una prova resa ancora più logorante da un terreno che incollava e trascinava a fondo come sabbie mobili. 

Per dominarlo, per avere la meglio su un aeroporto costruito su una palude melmosa, occorre riconoscere il fango e levarsi in volo. Van der Poel descrive proprio così la sua vittoria iridata: dice che un fango del genere lo diverte perché obbliga tutti a far fatica. Soprattutto, sottolinea che il vantaggio acquisito dalle prime curve gli ha "messo le ali". Ci pensa e sogghigna, con l'espressione di un gatto soddisfatto per aver acchiappato una preda, mentre il suo sguardo sembra attratto più dal televisore che trasmette una pubblicità di fianco a lui che dalla maglia iridata che ha addosso. Se potesse guarderebbe ancore oltre, al di là del muro, a quella distesa di pantano che abbraccia il Museo dell'Aviazione di Dübendorf, al terreno dove vorrebbe tornare a giocare, mischiandosi ai gruppi di bambini che sguazzano giocondi. Mathieu van der Poel vince con la loro medesima leggerezza, facendo apparire semplice ogni trionfo, perché lui nel suo elemento si diverte, semplicemente. Non ha segreti. O forse ne ha uno soltanto, quello che svela arguto il secondo classificato Tom Pidcock: «Mathieu va molto veloce in bicicletta».

 

[la foto di copertina è di Tornanti.cc]

 

 

 

 

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