[Freccia 2021] La testa dura
Sin da quando è stato convocato per le classiche delle Ardenne, Maurits Lammertink aveva un'idea chiara su dove trascorrere queste giornate: in fuga. 180 km all'Amstel, 175 alla Freccia, alla Liegi vedremo. Perché i chilometri al vento restano nelle gambe e si trasformano in acido lattico, che a nominarlo così sembra una cosa liquida ma di fluido non c'è nulla, visto come diventano duri i muscoli. Acido cementico dovevano chiamarlo, o acido ligneo.
175 chilometri in fuga, ad ascoltare gambe via via più irrigidite, o inacidite, ma senza mai la speranza di valicare la salita improvvisa e provocante che a Huy chiamano Muro. Il suo slancio si assopisce proprio lì, all'imbocco della curva dove i sogni muoiono. Il Muro spetta ad altri: a mangiatori di pendenze e saltatori di percentuali. Spetta a uno come Primož Roglič, che la Freccia non l'aveva mai corsa ma si è abituato a vincere ogni volta che l'arrivo allunga lo sguardo verso il cielo. Ogni volta ma non sul Muro, che come un cucciolo domestico si concede solo ai suoi padroni riconosciuti.
Anna van der Breggen sono sette anni di fila che esulta a Huy, dal 2015 la corsa femminile non ha premiato nessun'altra e sarà strano, la prossima volta, vederla scalare il Muro in ammiraglia anziché in bicicletta. Alejandro Valverde ne ha vinte "solo" cinque, ma dal 2006 ad oggi è salito in otto occasioni sul podio: primo o secondo. Il terzo posto gli mancava e per andarselo a prendere ha rimontato il gruppo saltando su e giù dal marciapiede. Chiedono anche a lui dove sarà tra 12 mesi, a 42 anni, ma non lo sa, forse ancora in strada, ancora sul Muro. Julian Alaphilippe è alla terza vittoria in quattro anni, e prima si era regalato due secondi posti. Il terzo ancora gli manca, ma come ai due illustri plurivincitori non manca una maglia coi colori dell'iride, e ci tiene ad accarezzarli con tenerezza dopo aver tagliato il traguardo. «Prima ho fatto come se avessi dello scotch sulle mani», dice Alaphilippe che alle esultanze precipitose ha già sacrificato troppo. Stavolta si è concentrato e ci ha creduto fino all'ultimo. «Perché ho la testa dura», ammette.
Ci vuole una testa dura per continuare a sbatterla contro un muro, in effetti. A meno che non sia il Muro a farsi morbido per accogliere i sogni di chi è nelle grazie degli spiriti del luogo. Per gli altri resta un muro, dritto e duro, contro cui il massimo che si può sperare è cozzarci contro. Un po' come Maurits Lammertink, che ha concluso al 79° posto, a più di tre minuti da Alaphilippe e al traguardo non ha trovato nessuna tv a intervistarlo. Ma chissà, domenica c'è la Liegi.
(Foto di copertina: Tornanti.cc)