[Kings of Bidons] Tom Bohli

Se proprio dovesse fare una classifica, Tom Bohli direbbe: 1) ciclismo, 2) matematica, 3) musica classica. «Ma ho anche altre passioni». Con Bohli, 25enne del Canton San Gallo, si può parlare di tutto. Il motivo è piuttosto semplice: si annoia facilmente. «Noi ciclisti non possiamo mica allenarci tutta la giornata. Abbiamo molto tempo libero, dobbiamo trovare qualcos’altro che ci interessi». 

A Tom interessano i numeri: «Quando smetterò di correre in bicicletta vorrei studiare ingegneria meccatronica». Ma anche le lingue: «Parlo tedesco, spagnolo, inglese, francese, neerlandese e un po’ di italiano». Non disdegna le lettere: «Durante questo Giro sto leggendo Guerra e pace di Tolstoj». E nemmeno l’arte: «L’ultima volta ho dipinto un quadro astratto, però è stato diverso tempo fa».

Oggi Tom dipinge meno, in compenso suona di più. Strumento d’elezione il pianoforte; musicista preferito, Schubert: «Il suo ritmo mi ricorda le gare a cronometro, la mia specialità». Le corse pianeggianti, più veloci, Tom le paragona invece alla musica di Wagner. Quelle nervose, piene di curve, con continui su e giù, a Verdi o Rossini, «o comunque a un italiano». 

Italia che per Bohli è quindi sinonimo di arte. Ma anche di mare, di vacanze e, soprattutto, di ciclismo: «Il Giro è un film. È Il signore degli anelli: competizione durissima e un sacco di montagne». Dunque ti piacciono le montagne, Tom? «Sai, io vengo dalla Svizzera, le montagne le conosco. Quando sei sul San Gottardo tutto solo è una sensazione pazzesca. È come stare in un deserto, però al centro dell’Europa. Quindi sì, vorrei dire che le montagne mi piacciono… Se non fosse che in gara sono durissime».

Ieri a Frascati, al termine di una tappa che ha attraversato molti luoghi-simbolo dell’ennesimo dei suoi interessi (la storia dell’antica Roma), Bohli è arrivato terzultimo, a quasi 18 minuti da Carapaz. Non perché in programma ci fossero montagne, ma perché dopo aver a lungo lavorato per i suoi capitani si è lasciato infine staccare dal gruppo, sfinito. Al Giro 2019, la prima grande corsa di tre settimane della sua carriera, Tom tira indifferentemente per Ulissi e Conti, Gaviria e Polanc; ogni volta che serve distribuisce a tutti loro borracce, «la sostanza di vita dei corridori». Gli piacciono gli aspetti tecnici del guidare una bicicletta, come disegnare curve difficili o mantenere l'equilibrio: «Ma prima di mettere mano io stesso su una qualsiasi componente, devo leggere almeno una guida. Diciamo che sono più un teorico che un pratico». 

Quando poi non pedala per lavoro, Tom lo fa per la stessa ragione che tredici anni fa lo spinse a cominciare ad accompagnare suo padre nelle uscite in mountain bike del weekend: «Andare in bici significa partire da un luogo e arrivare in un altro, il più delle volte diversissimo dal primo. Nello spazio tra partenza e arrivo può succedere di tutto, ogni volta è un'avventura».   (LP)

 

 

 

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