[Strade Bianche 2020] Strade gialle
Si potrebbe contarli uno per uno. Uno per ogni metro, dieci per ciascuna ruota passata davanti, cento per ogni ammiraglia. Granelli di polvere, sassolini, grumi di terra, ingredienti di una puntinatura che trasforma i corpi e i capelli. Le chiamano strade bianche perché così paiono le crete senesi tra le campagne, ma di bianco c'è ben poco: un manto di brecciolino grigio che la macina del tempo ha tramutato in purè giallastro. E nell'anno più strampalato, in cui la primavera arriva il primo agosto, le strade bianche sono soltanto gialle. Tutto è giallo. Gialle le strade e le campagne, perturbate soltanto da piccole isole verdi, giallo il sole che infierisce sul panorama e su chi lo attraversa.
Si sarebbe potuto contarli uno per uno, ma nell'incontrare i corridori i granelli di creta trovano un denso tappeto di sudore, accumulatosi sin da quando sono saliti sul palco da soli, introdotti da un presentatore senza pubblico, dal caldo e dal giallo del deserto. Ad abbracciarli lungo strade spopolate resta la boiacca della fatica, una patina di polvere impastata dal sudore che fa della meta da raggiungere non più una linea bianca, bensì una doccia. Uno sprint verso le mani che allungano una borraccia, anche se non ha i colori giusti. «¡Por favor! ¡Por favor!», gridano cicliste e ciclisti a ciascun rifornimento. Come rabdomanti accelerano verso ogni sorgente d'acqua, fino all'ultimo passaggio, alla città delle fonti.
Nel XIV secolo il governo di Siena, bisognoso di acqua, per soddisfare una città che cresceva in popolazione e commerci, costruì una rete di cunicoli tra le terre grigie. Quelle acque alimentano decine di "fonti" che ancora oggi si affacciano in giro per la città. A Siena è facile patire il caldo, ma impossibile soffrire la sete. Si dice che accostandosi in silenzio alle fonti di Siena, si riesca persino a sentirle parlare. E nella sua breve storia, questa corsa non era mai stata così silenziosa.
Senza le urla di tifosi e suiveurs, Mavi Garcia prova ad indovinarne il richiamo già da 50 chilometri di distanza, ma quando giunge a Fontebranda vede l'acqua tramutarsi in arcobaleno, e Annemiek Van Vleuten completare la rimonta come un ultimo sorso. Lo racconterà la fonte domani, ancora nel silenzio. Come racconterà di quando il panorama le ha gettato addosso il giallo di Wout van Aert e della sua fretta d'arrivare: nel giorno in cui tutti corrono per sete, van Aert pedala per rivalsa. Risale sino al traguardo come un salmone controcorrente a celebrare con vezzo demoniaco una stagione che lo aveva respinto proprio quando era riuscito a rialzarsi. Un anno fa usciva dall'ospedale, oggi irrompe a Siena con un sorriso giallo in cui non si contano più ne' i granellini di polvere ne' le sofferenze: soltanto la gioia. La più dissetante.
[La foto di copertina è di Tornanti.cc]