[TdF2022] Per brevità totale

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    Seduto su un ramo a riflettere sull'esistenza. Cofondatore di Bidon, durante una pausa si è laureato in statistica. Fonti di ispirazione: le biciclette, l’Islanda, i pub di Oxford e Cristobal Jorquera.

Sulla maggior parte delle mappe dei Pirenei Atlantici, la Bigorre – Col de Spandelles figura ancora come una strada comunale. Stretto e pendente, impraticabile d’inverno, quel sentiero di montagna è stato per secoli la via d’accesso a una specie di tempio della caccia al colombaccio, le espandèrles del toponimo essendo in lingua bearnese le reti utilizzate per catturare gli uccelli durante la loro migrazione autunnale dalla Francia alla penisola iberica.

I Pirenei sono una barriera ostica anche per i volatili, e il Col de Spandelles è da sempre uno dei loro attraversamenti preferiti. Perché, come i ciclisti, i colombacci sono abitudinari, e mentre i primi si sono affezionati ai vicini Aubisque e Soulor, scalati decine di volte nella storia del Tour de France, loro si sono tenuti quel vicino ruvido e ombroso, relegato a un quasi completo anonimato.

Finché, nel 2012, sullo Spandelles è passata la terza tappa della Route du Sud. Nel 2020 la strada è stata promossa a dipartimentale, e oggi vi è transitato per la prima volta il Tour. La tappa numero diciotto del Tour, quella considerata decisiva per le sorti della corsa.

E il Col de Spandelles si è preso la rivincita: lungo la sua discesa, su uno dei corti rettilinei che intervallano l’insidiosa successione di tornanti che la identifica, ha ospitato una sequenza di eventi storica, l’immagine che definisce questa edizione della Grande Boucle e trasporta il dualismo tra Jonas Vingegaard e Tadej Pogačar in una dimensione per molti versi già leggendaria.

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Testo: Leonardo Piccione

 

 

 

 

 

 

 

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