[TdF2022] Capire Van Aert
C’è dell’inquietudine nello sguardo di Jakob Fuglsang mentre, concluso un rapido scambio di vedute con Van Aert, accosta sulla destra della strada per Longwy e mette il piede a terra. È possibile sia a causa del bisogno fisiologico che sta per usare come pretesto per farsi raggiungere dal gruppo, ma più verosimilmente Fuglsang è scosso per le parole che la maglia gialla ha appena pronunciato: da quello che ha scorto nel suo sguardo mentre le scandiva.
Ha provato a farlo ragionare, Fuglsang, a convincerlo che è il momento di rallentare, che ci tiene anche a lui a vincere, ci mancherebbe altro, il suo cognome in danese significa “canto d’uccello” e sarebbe felice, adesso che ha 37 anni suonati, se quell’uccello si rivelasse essere un cigno. Ma, ha aggiunto poi, a volte la migliore possibilità per farcela è rinunciare: riconoscere di aver esagerato, ridimensionare i propri obiettivi e salvare qualche scampolo di energia. Dove andiamo io, tu e l’americano contro il mondo, abbiamo meno di due minuti di vantaggio e dietro tirano in mille, facciamoci riprendere e magari poi ce la giochiamo, il finale sembra disegnato apposta per noi – apposta per te – che ne dici?
Testo: Leonardo Piccione