[Liegi2020] Un maldestro tentativo di predica

Si sa, gli anziani sono abitudinari. Per una ragazzina di centoventidue anni e centosei edizioni come la Liegi-Bastogne-Liegi non dev’essere stato facile trovarsi catapultata dalla primavera a questo stranissimo inizio autunno, così si è aggrappata a due elementi imprescindibili: il tempo atmosferico e un parterre de roi di corridori.

Una giornata uggiosa, piuttosto fredda, qualche timido raggio di sole qui e là e un’agguerrita masnada di reduci dal Tour e dal mondiale. Ingredienti sufficienti a far dimenticare la data a una Decana che mai si sarebbe potuta aspettare di doversi scomodare il quattro di ottobre, il giorno di San Francesco, lontano dalla solita collocazione pasquale.

Invece quest’anno è andata così, e Julian Alaphilippe sarebbe stato ben contento di mettersi nei panni del poverello di Assisi, armonizzando il suo bell’arcobaleno con la natura circostante, imponendo al gruppo la sua regola, mettendoli tutti in fila dietro di sé ad ascoltare il suono armonioso della sua ruota al modo dei passeri che si beavano delle parole del santo.

Gli avversari di Alaphilippe, tuttavia, si sono dimostrati ben poco propensi ad acquietarsi: hanno preferito prendere spunto dalla penultima salita, la Roche aux Faucons, la rupe dei falchi, per ricordargli di essere volatili molto meno docili dei passeri, e rispondere così per le rime all’iridato predicatore.

La presenza di Hirschi, Pogačar e Roglič nel quartetto dei migliori ha impedito ad Alaphilippe di involarsi verso il traguardo in perfetta letizia. Il cielo gli si è rovesciato sulla testa in un momento: uno scarto secco in volata, il contatto con Hirschi che a sua volta tocca Pogačar e, soprattutto, un festeggiamento troppo anticipato gli hanno troncato il cantico sulle labbra.

La laude oggi è tutta per Primoz Roglič, fresco esperto di rovesciamenti di prospettive. Lo sloveno ha creduto fino in fondo di poter vincere la sua prima monumento in carriera e non ha mai smesso di esserne convinto, fino al colpo di reni col quale se l’è presa per davvero.

Grazie al declassamento di Alaphilippe, sul palco accanto a sé Roglič ha ritrovato Pogačar, come poche settimane fa sul podio del Tour de France. Quella sconfitta tanto secca non è bastata ad ammansire Primoz Roglič, e nemmeno il maldestro tentativo di predica di Julian Alaphilippe. (Michele Polletta)

 

Foto in copertina: Tornanti.cc

 

 

 

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