Una settimana da Dio
«Oggi è stata una delle giornate più intense della mia vita. Stamattina alle dieci e mezza non volevo neanche partire. Non lo volevo fare questo inseguimento, volevo finire la stagione e andare in vacanza. Poi sono arrivati i miei compagni a incitarmi. A dirmi che avrei dovuto provarci. Devo dire grazie a loro, che ci hanno creduto e mi hanno fatto credere in me stesso. Grazie anche al pubblico, che mi ha supportato quando ho capito che avrei potuto battere il record del mondo. Sono rimasto calmo, ho respirato bene, ho fatto quello che so fare. Sì, è stata una settimana straordinaria. Ho cercato di fare qualcosa di speciale, ho realizzato un sogno.»
Pippo Ganna sogna e fa sognare, promette e mantiene, dubita e ci ripensa, si lascia convincere e convince. Fa quello che sa fare, spiega. Come se fosse facile fare quello che fa lui, che continua a scrivere pagine di storia del ciclismo con la costanza di un amanuense, la bici al posto del pennino e i numeri al posto delle parole, il 56.792 di sabato scorso completato dal 3.59.636 di oggi.
Il primo una distanza, il secondo un tempo; il primo un inseguimento platonico (alla storia, a sé stesso, a Coppi, Boardman e Moser), il secondo un inseguimento vero (a Jonathan Milan, amico e collega); uno coi colori della squadra, l’altro con quelli della nazionale; uno in Svizzera, l’altro in Francia.
Entrambi primati, il modo più affidabile che conosciamo per riposizionare l’asticella, fissare le coordinate, certificare l’eccellenza assoluta: il meglio della nostra specie.
Per segnalare l’apice lussureggiante del ciclismo su pista italiano, miniera d’oro, anzi filone d’oro (e d’argento, se è per questo), generatore infaticabile di breaking news liete, e festosi riquadri nelle homepage, di questi tempi merci rare e preziosissime.