[TdF2021] Tour de Franck

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    Seduto su un ramo a riflettere sull'esistenza. Cofondatore di Bidon, durante una pausa si è laureato in statistica. Fonti di ispirazione: le biciclette, l’Islanda, i pub di Oxford e Cristobal Jorquera.

Il brano che segue è tratto da "Mai burlarsi di un drago vivo - Storie e visioni dal Tour de France 2021", disponibile qui.

 

Più che un corridore, è un auspicio. Bonnamour attraversa la Francia e predice, irrompe nei nostri schermi e profetizza. «Bonnamour!», ripetono i cronisti. «Bonnamour!», annunciano gli annunciatori. «Bonnamour!», erompono i tifosi, e nel momento in cui pronunciano quel cognome evocano il sentimento che esso contiene, scambiandosi una specie di augurio universale. 

Bonnamour, amico mio. Grazie, anche a te e famiglia. Bonnamour e felice anno nuovo, Bonnamour e sogni d’oro. Bonnamour platonico, Bonnamour carnale, tutte le forme di Bonnamour a partire da Franck, Franck Bonnamour da Lannion, Bretagna, ventisei anni compiuti da un mese, ciclista della B&B ma fino a qualche mese fa dell’Arkea, squadra che ha lasciato perché non gli garantiva l’autonomia di cui sente un disperato bisogno.

Maglia verde e carta bianca, Franck ha ritrovato sé stesso. Il Bonnamour di quest’estate è un Bonnamour inedito e antico insieme, un Bonnamour felice, un Bonnamour libero.

Il ciclismo gli piace sempre ma soprattutto quando assomiglia a un gioco, racconta, quando pedalare gli fa venire in mente la prima corsa della vita, l’iscrizione al bar del quartiere e nessuna pressione addosso. 

Aveva sedici anni e la bici l’aveva scoperta da pochissimo, tale bici essendo una vecchia Look gialla abbandonata in garage da sua madre, anni addietro a sua volta speranza del ciclismo francese. Anche il padre di Bonnamour è stato ciclista, professionista per tre stagioni alla fine degli anni Ottanta, tuttavia Franck per un decennio ha preferito il pallone: laterale destro nel Lannion Football Club.

Dopo che il calcio l’ha stufato (troppo poco rigoroso per i suoi gusti), si è dato a pedalare a tempo pieno. Pedalava forte: nel giro di pochi mesi, nel 2013, vinse i campionati europei juniores e sfiorò il titolo mondiale, ripreso a 5 chilometri dall’arrivo da Mathieu van der Poel. Quando nel 2016 è diventato professionista, però, ha fatto fatica ad adattarsi alla nuova realtà. Secondo un suo ex-direttore sportivo è andata così perché Bonnamour non ama per niente la concorrenza. È, in parole povere, «un tipo troppo gentile e riservato». 

Basta osservare le sue interviste per rendersene conto. Il tono di voce basso fin quasi all’inconsistenza, Bonnamour passa da un microfono all’altro con una certa rassegnazione negli occhi, la sua riservatezza accentuata dalle grandi ciglia, nerissime, che lo fanno assomigliare a un mimo o a un attore di cinema muto. 

Ama la storia e la geografia, divora documentari su animali di ogni tipo. Come spesso accade, la sua apparente introversione è l’involucro di una personalità tutt’altro che remissiva. «Una forza tranquilla», l’ha definito suo padre. «Un saggio che non ha ancora l’età per essere saggio». Jérôme Pineau, direttore generale della B&B, ha spiegato all’Équipe che ha voluto dargli una possibilità perché gli piacciono «i taciturni che parlano con le gambe». 

Anche il contenuto delle parche risposte di Bonnamour sembra in contrasto con la sua maschera discreta: per esempio ripete di continuo à bloc, la locuzione francese che sintetizza alla perfezione il suo modo di interpretare il ciclismo. A tutta, senza paura. Come nel 2018, al Giro di Lombardia, quando si sciroppò duecento chilometri di fuga prima del trionfo di Pinot. O come in questo Tour de France, questo Tour de France in cui ha cominciato a martellare silenzioso già dal primo giorno.

Bretone purosangue (la sua prima figlia, nata sei mesi fa, si chiama Alëa, “angelo” nella lingua della Bretagna), ci ha tenuto a trasformare da subito la prima Grande Boucle della sua carriera in un autentico Tour de Franck, una rivelazione a sé stesso e al mondo, un inno all’offensiva e al ciclismo eccitante: com’è bello Bonnamour da Brest in giù.

È andato in fuga per sei volte su diciotto occasioni disponibili. Riferiscono dalla B&B che con il passare dei giorni negli occhi di Franck le stelline dell’emozione hanno lasciato il posto a una feroce determinazione. 

In totale è rimasto all’attacco per 624 chilometri, che equivalgono a un quinto della distanza percorsa finora. Una proporzione significativa, un rapporto importante quasi quanto quello che spinge sui pedali Mohorič nelle occasioni in cui – come nella prima settimana verso Le Creusot, e oggi pomeriggio verso Libourne – decide di abbandonare i compagni di avventura e andare a prendersi la tappa. 

Eccola, un’altra proporzione significativa del Tour 2021: con quella di oggi, sono cinque su diciannove (tre consecutive, domani potrebbero facilmente diventare quattro) le vittorie slovene in questa edizione. 

C’era ovviamente anche Bonnamour tra i fuggitivi che Mohorič ha salutato a più di 25 chilometri dal traguardo. Non è andato benissimo, nel finale. Ha detto che semplicemente le sue gambe l’hanno abbandonato. Così, dopo due quinti, un sesto e un nono posto, Bonnamour oggi è arrivato soltanto diciannovesimo, penultimo classificato dei venti attaccanti di giornata.

Ha tagliato il traguardo di Libourne con 3 minuti di ritardo da Mohorič, ma comunque con 18 minuti di anticipo rispetto a un gruppo maglia gialla rilassatosi dopo le consuete schermaglie di inizio tappa. Altri cinque minuti di ritardo e il grosso del gruppo, Pogačar compreso, sarebbe arrivato fuori tempo massimo. La maglia gialla in quel caso sarebbe andata proprio a Bonnamour, che nonostante tutto quest’attaccare è pure ben piazzato in classifica generale: 22°.

Da quando è professionista, non ha ancora vinto una corsa, ma confida nel fatto che le cose cambino presto. Va forte su tanti terreni, con una predilezione per le classiche del Nord. Dice di avere dei progetti e molti sogni, primo tra tutti quello di essere eletto “supercombattivo” tra due giorni a Parigi.

Anche non dovesse accadere, il Tour di Franck Bonnamour, questo suo timido ma determinato distribuire desideri in giro per la Francia, sarà stato nulla meno che un successo. 

 

A cura di Leonardo Piccione.

 

 

 

 

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