1961 - L'anno in cui vinse il fantasma di Coppi
Marco Ballestracci è musicista e narratore di sport - un grande narratore di sport. Ha scritto alcuni dei più bei libri di ciclismo usciti in Italia negli ultimi anni (se non avete ancora letto Imerio, L'ombra del cannibale e Il dio della bicicletta, beh, forse dovreste cominciare a pensarci).
Siccome è pure un nostro amico (e lo scorso anno ha contribuito con ben 9 pezzi a "il Centogiro"), adesso che è uscito il suo nuovo romanzo gli abbiamo chiesto di presentarcelo. A modo suo, "in esclusiva per Bidon".
Questo è quello che ci ha inviato riguardo 1961 - L'anno in cui vinse il fantasma di Coppi (Ediciclo Editore):
Si corre in bicicletta da professionisti per passione, di sicuro, ma anche - o forse soprattutto - per i soldi, con la fama sempre incatenata appresso alle banconote.
Il Giro del 1961 è perfetto sia per i soldi che per la fama, perche è il Giro del Centenario dell'Unità d'Italia ed è congegnato per essere sberluccicante di storia - risorgimentale e ciclistica - ma, soprattutto, bello gonfio di carta moneta.
Ci sono Jacques Anquetil e Charly Gaul, Rik Van Looy e il campione di Spagna, Antonio Suarez.
C'è pure Hans Junkermann.
E poi gli italiani migliori: Baldini, Massignan, Carlesi, Defilippis.
Manca Gastone Nencini che s'è sfasciato all'inizio della primavera sulla discesa delle Croci di Calenzano, una strada che ha percorso centinaia di volte, perchè il disegno del Dio della Bicicletta è talvolta imperscrutabile.
Sono questi i corridori che si giocheranno il Giro del Centenario, anche se, lo sanno tutti, la lotta, come nel '59 e nel '60, è ristretta ai due nomi empirei: Anquetil e Charly Gaul.
Solo che da sotto la pioggia che flagella la discesa del Muraglione sbuca un corridore che, a Firenze, indossa la maglia rosa.
Arnaldo Pambianco, un bel ragazzotto romagnolo di collina.
D'accordo, è un buon corridore - è passato terzo sul Passo di Gavia l'anno prima e ha fatto un bel Tour de France - è davvero un gran bel corridore, ma sono Gaul e Anquetil che mescolano il brodo: non son venuti in Italia per giochicchiare. Son venuti per vincere.
Sarà perciò lo Stelvio a fare giustizia e a dividere i campioni da quei buonissimi corridori che talvolta compaiono, ma che con i grandi golem del ciclismo dell'inizio degli anni '60 non c'entrano affatto.
Perciò la montagna cara a Fausto Coppi siglerà il giudizio di Dio: severo, ma giusto.
Francamente non è possibile dire altro, perchè è necessario che i lettori passino insieme ai corridori quelle fatidiche dieci ore su e giù dal Pennes, dal Passo di Giovo e dallo Stelvio e che, il 10 giugno 1961, arrivino a Bormio e vedano con i propri occhi l'epilogo della corsa, che raccontarlo qui - in un estratto del libro - sarebbe profondamente ingiusto: per Anquetil, per Pambianco, per Charly Gaul, ma anche per chi ha scritto il romanzo (se così si può classificare).
D'altro canto sarebbe anche spiacevole svelare qui la ragione per cui il fantasma di Coppi talvolta occhieggi sulla strada e perchè, in particolari circostanze, si rivolga ai corridori più affranti.
Si potrebbe fare, ma sarebbe indelicato: sarebbe come rompere delle uova nel paniere dell'autore.
Perchè, come per l'andare in bicicletta da professionista, si scrive, sì, per passione, ma soprattutto per un altro motivo, che è già stato marcato all'inizio di questo pezzo, perciò è del tutto superfluo sottolinearlo ancora.
Marco Ballestracci
Poi però il buon Marco un estratto del libro ce l'ha mandato lo stesso.
Ecco l'incipit di 1961 - L'anno in cui vinse il fantasma di Coppi:
Dio solo sa se fa freddo ad andar giù, ma non ci penso.
Adesso non so quanta strada ho fatto, ma sono sceso un bel po’ e ogni volta che c’è un tornante guardo indietro, ma non c’è nessuno, però vedo la moto del cambio ruote proprio dietro di me e son tranquillo, che se buco il tubolare cambiam la ruota in fretta e vado giù di nuovo.
Mangio ancora, che Ferruccio m’ha detto che devo continuare perché le forze fanno presto ad andar via quando sei dalle sette e mezza di stamattina in bicicletta.
Non so neanche da quante ore sto pedalando, ma sono tante. I pezzi di banana ormai son una specie di marmellata e mi succhio le dita e sento il dolce. Qualcuno mi dice che è l’ultimo tornante, ma se è davvero l’ultimo tornante vuol dire che sono a Bormio.
Sono a Bormio.
Gaul c’è già passato, ma sono sicuro – lo sento – che non è passato da molto. La gente agita le braccia e grida: “Pambianco! Pambianco!”.
Ce l’ho fatta Fabiola! Ce l’ho fatta! Cristoddundio!
Sono dentro a Bormio. Sono dentro a Bormio e adesso può succedere tutto quello che di peggio si può immaginare, ma non me ne importa più un fico.
Adesso ce la faccio.
E non so perché, mentre la gente ondeggia che sembra d’essere alla Domenica delle Palme, mi viene in mente Fausto che sorride. Sorride contento.
1961 - L'anno in cui vinse il fantasma di Coppi è disponibile in libreria, oppure a questo indirizzo.