Biniam Girmay, o del fare la Storia

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    Seduto su un ramo a riflettere sull'esistenza. Cofondatore di Bidon, durante una pausa si è laureato in statistica. Fonti di ispirazione: le biciclette, l’Islanda, i pub di Oxford e Cristobal Jorquera.

Vivere dall’interno certi momenti storici, ce ne stiamo accorgendo, è un’esperienza sopravvalutata. La Storia è insensibile, impersonale, un pachiderma che tutto travolge e tutto stritola. La Storia andrebbe studiata, quasi mai vissuta; la Storia è troppo grande per le nostre piccole vite, per le nostre storie scritte in minuscolo, già incontrollabili e sfuggenti di loro. Dalla Storia il più delle volte sentiamo il bisogno di dissociarci, di allontanarci. Di fuggire, addirittura, come un ciclista con in tasca un sogno e nella testa poca razionalità.

Il ciclismo è questo, d’altra parte: un rifugio del nostro spirito, la nostra torre d’avorio preferita, un modo di stare dentro al mondo e contemporaneamente fuori da esso, sul confine tra realtà e immaginazione, tra utopia e fattualità, questi due fiumi paralleli che talvolta, per brevi tratti, si intersecano, contaminandosi a vicenda. Oggi pomeriggio è accaduto, e un ciclista – un piccolo ciclista, pedalatore insignificante al cospetto del mondo infuriante – ha fatto la Storia. 

Biniam Girmay, detto Bini, nato ad Asmara poco meno di ventidue anni fa, ha vinto la Gent-Wevelgem. L’ha vinta nettamente, l’ha vinta con la testa (sempre lucido, sempre nel vivo della corsa, impeccabile nella scelta dei tempi e nella gestione delle energie) e con le gambe (soprattutto con le gambe, verrebbe da dire, con quella sua volata lunga e potente, al termine di una gara lunga 250 chilometri, contro avversari di prim’ordine).

L’ha vinta col suo sorriso, col suo entusiasmo, con la sua freschezza, con la sua pelle. L’ha vinta in un pomeriggio di primavera, a sorpresa ma non troppo, novità attesa da tempo ma piombata quasi all’improvviso tra i meccanismi compassati del ciclismo.

Biniam Girmay, primo africano nero a imporsi in una classica del nord, oggi pomeriggio ha gettato una secchiata di lubrificante tra gli ingranaggi di questo sport, ha spostato in avanti le lancette del ciclismo di molto più di un’ora, ha abbattuto un muro di granito in quest’epoca in cui sembra insopprimibile il desiderio di alzarne di nuovi. 

Stiamo parlando di sport, certo. La Storia che ha riscritto oggi Girmay è solo storia del ciclismo, e i grandi del mondo non parlano di ciclismo, e nei libri di scuola raramente compaiono biciclette. Eppure percepiamo - vogliamo percepire - che nella vittoria di Biniam Girmay alla Gent-Wevelgem brilla qualcosa di grande: ci sono i riflessi un nuovo inizio, la speranza di maggiori opportunità, la forza silenziosa delle storie, quelle scritte in minuscolo, le sole che comprendiamo e di cui riusciamo a intravedere il senso.

 

A cura di Leonardo Piccione. Qui un precedente approfondimento su Biniam Girmay. Foto in copertina: Intermarché-Wanty Gobert.

 

 

 

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