Classifica appunti del 19 maggio 2021
Una serie di appunti presi durante il Giro d'Italia 2021 da Leonardo Piccione e riproposti senza particolare ordine. Elenchi, pensieri, foto e stralci da un viaggio al seguito dell'edizione 104 della Corsa Rosa.
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La prima conseguenza dell'abbuffata di luce della prima giornata di sole ininterrotto di questo Giro d'Italia è la fatica degli occhi ad adeguarsi alla penombra del Palapaternesi di Foligno. Solo dopo qualche minuto comincia a emergere qualche dettaglio dal fondo apparentemente buio. I canestri, le porte del calcetto, i listelli del parquet tirato a lucido per l'occasione.
Le suole di gomma delle mie scarpe squittiscono mentre mi avvicino alla fila di banchi, la penultima, tra i quali ho intravisto un posto libero. Oggi il mio posto in sala stampa è nei pressi di una linea del tiro libero. I tiri liberi erano una delle poche cose in cui riuscivo dignitosamente, quando giocavo a basket. Un allenatore mi disse una volta che il segreto è respirare bene prima di tirare. Spero di ricordarmi come si faccia, adesso che sto per fare una domanda a Peter Sagan.
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Peter Sagan è variabile, estroso, imprevedibile. Nelle corse e ancor più nelle risposte, che possono variare senza preavviso dalla grassa risata alla replica piccata, tutto rigorosamente non filtrato. Fare una domanda a Sagan significa confrontarsi con un mondo intero di possibilità, una tavolozza di opzioni, un jukebox di stati d'animo - oltre che con una leggenda di questo sport.
Non ho mai fatto prima una domanda a uno sportivo della sua caratura. Dovessi sbagliare, dovessi per qualche ragione indispettirlo e ricevere in cambio un rimbrotto, il resto della sala stampa si girerà verso di me. Ma voglio correre il rischio. Alzo la mano. Chiedo a Sagan cos'è che lo muove a questo punto della sua carriera, se ha motivazioni paragonabili a quelle di Caleb Ewan, che quest'anno vuole provare a vincere almeno una tappa in tutti e tre i grandi giri.
Sagan beve un lungo sorso d'acqua mentre ascolta la mia domanda. Poi si tira su la mascherina e dice che di aver letto sulla Gazzetta che Ewan l'altro giorno si è infortunato nella sua camera d'albergo. Ride di gusto mentre lo dice. Tecnicamente non ha risposto alla mia domanda, ma fa niente. Per stavolta mi accontento di non aver increspato il suo buonumore.
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Un'altra cosa che ha detto Sagan:
«Io sono sempre qua. Non sono mai andato via.»
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La seconda conseguenza dell'abbuffata di luce della prima giornata di sole ininterrotto di questo Giro d'Italia è che ho le mani arrossate. Da quando passo gran parte dell'anno in Islanda, ho sviluppato una strana forma di allergia al sole, il che per un pugliese è un guaio non da poco. Il programma della mia giornata di riposo dunque si allunga: dormire, fare la lavatrice, mangiare un gelato, comprare una crema solare.
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Una massima scritta su una lavagnetta in una stazione di servizio a 45 chilometri da Foligno:
«La vita è questa. Nulla è facile, nulla è impossibile.»
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Due corridori (e una loro rispettiva caratteristica) che mi ricorderò:
- gli occhi piccoli di Geoffrey Bouchard, detto Bouche, in cui la timidezza lascia via via il passo alla fiducia quando gli si chiede si casa sua, della montagna che conosce meglio, delle salite su cui si allena da una vita;
- il sorriso largo di Felix Großschartner, felice di scherzare sul suo cognome difficile e sui suoi baffi importanti.
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La terza conseguenza dell'abbuffata di luce della prima giornata di sole ininterrotto di questo Giro d'Italia è che i baffi di Großschartner stanno diventando così biondi che nelle foto quasi non si vedono più (ce l'ha detto lui, unico segmento dell'intevista in cui è apparso un pochino dispiaciuto).
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Un aneddoto sull’iperattività della maglia rosa che ho appreso ieri:
«Sua madre, Flor Marina, aveva 23 anni quando rimase incinta di Egan: "Nessuna delle altre mamme aspettava un bambino che scalciava quanto il mio. Il primo giorno che non si mosse per quattro ore di fila andai al pronto soccorso, preoccupata"». (da Colombia es pasión di Matt Rendell, citato durante il decimo episodio di #GIROglifici2021)
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Hanno appena consegnato un mazzo di fiori alla cameriera del CentralBar di Piazza della Repubblica a Foligno. Dev'essere il suo compleanno. Ecco che si allontana, ritorna con un sorriso e senza più fiori, mi chiede cosa prendo. Una brioche e un caffè macchiato, rispondo. Gliene chiederò altri, oggi me la prendo con calma. Devo fare la lavatrice e comprare la crema solare, leggere qualcosa e aggiornarmi su quel che accade nel mondo oltre il Giro.
È morto Battiato, dannazione. Ripenso alle tante illuminazioni, a un pezzo di ciclismo che ho scritto partendo da una sua canzone, all’unico suo concerto che ho visto di persona: a quando - verso la fine dello spettacolo - le casse diffusero le prime note di Cuccurucucu. Tutti abbandonarono d'istinto i posti a sedere, avvicinandosi ancheggianti al palco e facendomi chiedere una volta di più quale razza di prodigio abbia potuto far ballare una nazione intera su un testo che parla di pellerossa americani e penne stilografiche.
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Una citazione con cui chiudere:
«I desideri non invecchiano quasi mai con l'età» (da La stagione dell'amore, che è il più delle volte questa, la primavera, il tempo del Giro).
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Puntate precedenti:
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A cura di Leonardo Piccione.