In un breve video risalente al luglio del 2014, girato nel retropalco di una tappa del Tour de France, si vede Raymond Poulidor, bonario e colorito come sempre, prendere per un braccio il suo diciannovenne nipotino, campione del mondo in carica nella categoria juniores, e introdurlo a un signore occhialuto di mezza età, che il ragazzo intuisce subito essere una persona importante.

In condizioni di riposo, per esempio all'interno di una bottiglia di birra tenuta ferma, tra l'anidride carbonica contenuta nel liquido e quella presente in forma gassosa sotto al tappo si viene a creare un equilibrio. Nel momento in cui la bottiglia viene agitata, però, il sistema si carica di energia cinetica e l'anidride carbonica dissolta nel liquido vince la pressione a cui è sottoposta dall’alto, azzerando l’equilibrio.

Sono 118 anni che, in un imprecisato giorno attorno al principio della primavera, gli esseri umani si sfidano in bicicletta lungo la riviera ligure. La strada, e con lei la corsa, corre per chilometri lunga e parallela rispetto al mare. I gabbiani no: inquadrati dall'elicottero della tivù, i gabbiani sembrano volare sempre di traverso rispetto alla Milano-Sanremo. Rientrano verso l'entroterra per poi gettarsi dritti verso il mare, dove le loro prede affiorano appena sotto il barbaglio dell'acqua.

Esiste un confine, nelle cose della vita, oltre il quale ciò che è sembrato a lungo rimediabile appare d’un tratto ineluttabile. Al di qua di questa linea ci sono ancora scelte a disposizione, un certo margine per valutare i pro e i contro, un ventaglio di possibilità che preferiremmo non evolvessero in recriminazioni; al di là, tutto è stato deciso.

Racconti belli come le corse di ciclismo è complicato scriverne. Non ci riuscì Ernest Hemingway, giusto per fare un nome, che pure tentò diverse volte di buttar giù storie che catturassero il fascino delle gare di biciclette che così tanto l’avevano avvinto verso la fine degli anni Venti. Soggiornava per lunghi periodi a Parigi, all’epoca.

Un Tour de France da acchiappo, fatto per prendere ma anche per essere preso: per afferrare la Storia, se hai la fortuna di chiamarti Tadej Pogacar – ma anche Romain Bardet, Richard Carapaz, Mark Cavendish, Bini Girmay o in molti altri modi; per essere preso o ripreso, forse compreso, se lo strumento principe non è la bicicletta ma la penna. Queste pagine allacciano le storie nascoste nelle pieghe della corsa, nei suoi personaggi, attori e spettatori, nei suoi paesaggi. Insomma, inseguono quel “non so che d’alato". 

(dalla prefazione di Michele Polletta).

Rieccoci. È di nuovo quel periodo dell’anno, stavolta arrivato un po' prima del solito. Fa caldo, è consigliabile bere molto, in tivù c’è il Tour de France... e qualcuno la notte legge i pezzi di Bidon. 

Sostenitori delle buone abitudini, anche quest’anno racconteremo la Grande Boucle per mezzo degli ormai tradizionali resoconti curati da Leonardo Piccione.

Nel momento in cui, sulle pendenze più arcigne della Côte de la Redoute, Tadej Pogačar esce dalla fiammeggiante scia di Domen Novak e si alza sui pedali per la durata necessaria - meno di dieci secondi - a ridurre in frantumi la Liegi-Bastogne-Liegi 2024, alle sue spalle l’inquadratura include soltanto altre tre sagome pedalanti, infinitamente più scomposte della sua, tre sagome che arrancano mentre quella di Pogačar levita, tre sagome destinate a ridursi nel volgere di pochi metri a una sola, poi a nessuna.

Forse è per via della sovrapposizione di date. Oppure per il portato religioso che il ciclismo conserva, soprattutto in chi ha ricevuto un'educazione cattolica.

La consueta sequenza di polvere, sobbalzi, disordine, lerciume.

Poi cadute (Rex, Merlier, Viviani e Milan tra i primi estromessi dalla contesa), forature (Pedersen, Degenkolb, Politt e Segaert, tutti costretti a forsennati inseguimenti), battibecchi con la giuria (Tarling, espulso per bidon collé), vento in faccia (soprattutto quella di Mathias Vacek, 22 anni da compiere e ore trascorse a tirare per i compagni in testa a questo o quel gruppetto), generalizzata fatica.

La Roubaix più veloce della storia dopo la Sanremo e il Fiandre più veloci della storia.

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